domenica 29 marzo 2015

Coniugare le politiche sociali con le politiche del lavoro in Europa…

Coniugare le politiche sociali con le politiche del lavoro in Europa…

Al di fuori delle procedure di finanziamento previste da ogni stato membro per beneficiare dei fondi strutturali è possibile accedere alle disponibilità finanziarie dell’unione anche tramite programmi avviati su iniziativa della Commissione che hanno come scopo il raggiungimento di obiettivi di interesse comune in settori o aree geografiche considerate critiche.
Queste azioni ideate nel 1989 denominate PIC  Programmi D’Iniziativa  Comunitaria sono promosse dalla commissione e i singoli stati  gestiscono i fondi dopo aver ottenuto l’approvazione del relativo programma operativo in settori innovativi che rappresentano la base per il futuro  sviluppo delle politiche economiche. 
La commissione nel 1994  sulla base del Libro Verde ha individuato 7 aree di intervento per il quinquennio 1994/1999 e le linee guida di 13 iniziative comunitarie  alle quali è stato destinato il 9%  degli stanziamenti globali riservati ai Fondi strutturali, ma nel 1998 la commissione ha presentato una proposta di riforma dei Programmi di iniziativa comunitaria che ha ridotto a 4 il loro numero complessivo per il periodo di programmazione 2000/2006 e questi sono:
1-Interreg III destinata a incentivare lo sviluppo armonioso, equilibrato e duraturo dello spazio comune mediante la cooperazione transfrontaliera, trasnazionale e interregionale;
2-Leader +  destinato allo sviluppo delle aree rurali mediante il sostegno a progetti innovativi promossi e gestiti da attori locali e privati;
3-Urban II  destinato alla programmazione dello sviluppo urbano  attraverso la rivitalizzazione economica e sociale delle città e delle zone limitrofe in crisi;
4-Equal destinato a promuovere nuove politiche di lotta alle discriminazioni e alle disuguaglianze  di ogni tipo nel mercato del lavoro mediante forme di cooperazione trasnazionale.
Questi programmi devono risultare  complementari alle azioni intraprese nell’ambito degli obiettivi 1,2 e 3 dei fondi strutturali.
A noi interessano le caratteristiche dell’iniziativa comunitari EQUAL che è destinato a promuovere nuove politiche di lotta alle discriminazioni e alle disuguaglianze  di ogni tipo nel mercato sulla base degli insegnamenti tratti dalle precedenti iniziativa Equal si propone di elaborare nuove idee per contrastare le disuguaglianze agevolando il processo di scambio delle migliori prassi sperimentate a livello europeo nel settore dell’occupazione e parte integrante delle strategie comunitarie per la lotta all’esclusione sociale esso cerca di produrre effetti di Mainstreaming a livello locale cioè  mira ad incidere attraverso un adesione strategica sui sistemi e sulle politiche della formazione e del lavoro locali e nazionali mediante un acquisizione stabile delle prassi sperimentate dalle Partership di Sviluppo un gruppo di organismi enti e istituzioni che concentrano i loro sforzi per sperimentare soluzioni innovative a problemi di discriminazione e disuguaglianza presenti nel  mercato del lavoro, quindi EQUAL apporta cambiamenti sia di primo livello metodologico detto MAINSTREMING orizzontale ( che riguarda  tutti gli organismi coinvolti direttamente o indirettamente nel progetto  che operano in analoghi ambiti di intervento) e sia di secondo livello politico detto MAINSTREMING verticale (introduce il trasferimento dell’innovazione progettuale nei sistemi e nelle pratiche della formazione e del lavoro su scala locale e nazionale.
I settori prioritari di EQUAL sono :
-          Capacità di inserimento professionale cioè agevolare l’accesso al mercato del lavoro  per coloro che incontrano  difficoltà di integrazione o reintegrazione e lottare contro il razzismo e la xenofobia in ambito lavorativo;
-          Imprenditorialità  fornire strumenti necessari per avviare processi di creazione di imprese in particolare nelle zone urbane e rurali nonché rafforzare l’economia sociale ai fini del miglioramento della qualità dei posti di lavoro;





-          Adattabilità promuovere la formazione permanente e incoraggiare l’accesso ad un posto di lavoro o il mantenimento dello stesso per coloro che sono soggetti a discriminazione e disuguaglianza nonché favorire la capacità di adattamento delle imprese e dei lavoratori ai mutamenti strutturali;
-          Pari opportunità tra uomini e donne  favorire l’equilibrio tra la vita familiare e la vita professionale e agevolare la reintegrazione di coloro che hanno lasciato il mercato del lavoro nonché ridurre i divari e le discriminazioni basate sul sesso.
A seguito della pubblicazione  nel maggio 2000 degli orientamenti relativi alla prima fase di EQUAL ad opera della commissione europea ciascuno stato membro ha elaborato il rispettivo Programma  di Iniziativa Comunitaria  contenente l’indicazione delle modalità attuate prescelte. 
L ‘esperienza di EQUAL ricavata dalla prima fase 2001/2003 ha dimostrato quando  sia importante creare una partnership   efficace per poter costruire la fiducia e per convenire una diagnosi comune del problema e concordare una strategia coerente in grado di sviluppare innovazioni, cosi EQUAL è stato riconfermato per la seconda fase per il prossimo decennio.
Bisogna considerare che una corretta programmazione costituisce  un valido intervento da realizzare nel quadro di EQUAL  le tappe di una progettazione sono:
-          Descrizione di una problematica reale che interessa uno specifico territorio o un pericolate settore con riferimento alle disuguaglianze e discriminazioni sul mercato del lavoro;
-          Individuare una rete di partnership idonea a costruire una tipologia di problemi che si intende affrontare attraverso il mainstreming locale o nazionale es. trovare lavoro in un area sud regionale mezzogiorno..;
-          Definire l’idea progettuale in modo da risultare coerente e capace di proporsi in modo innovativo rispetto alle strategie nazionali e locali di lotta alle disuguaglianze nel mercato del lavoro;
-          Individuare  le attività da svolgere a livello transnazionale;
-          Progettazione dell’intervento  sulla base di ciascun contributo dei singoli partner;
-          Identificare le azioni innovative rispetto ai contenuti , metodi e strumenti utilizzati;
-          Determinazione di una strategia operativa.
Equal cerca di portare innovazioni attraverso proposte che incidono su sistemi e sulle politiche locali e nazionali attraverso partnership di sviluppo.

 R.M.

La politica di coesione economica e sociale nell’Unione Europea…..

La politica di coesione economica e sociale nell’Unione Europea…..


La politica di coesione economica e sociale è una politica che mira a ripartire le risorse finanziarie a livello centrale attraverso interventi politici e finanziari per la promozione dello sviluppo delle regioni in difficoltà economica. Questa politica non era prevista nel trattato di Roma del ’57, ma  prevedeva la promozione di uno sviluppo armonioso delle attività economiche e più strette relazioni tra gli stati membri, fu   successivamente l’Atto Unico Europeo 1987 nel titolo V ad  introdurre la Politica di Coesione Economica e Sociale  al fine di permettere alle regioni in ritardo o in declino industriale di trarre beneficio dal dinamismo dal nuovo grande Mercato Unico Europeo. Quindi nell’Atto Unico Europeo la nuova Politica di Coesione economica e Sociale si identifica con la Politica Regionale Comunitaria  destinata a recuperare il divario di sviluppo che esiste tra le varie regioni europee, sarebbe stato + logico chiamarla Politica Regionale  ma il termine regionale avrebbe potuto generare un equivoco poiché  per regioni si intende quella porzione di territorio nazionale in cui può essere diviso uno stato, ma non tutti gli stati membri europei al loro interno sono divisi in regioni così per ovviare a questo problema si è deciso di chiamarla Politica di Coesione Economica e Sociale dove coesione vuol dire proprio eliminare il divario tra  una regione e l ‘altra e quindi tra le società stesse.
La politica di coesione è innanzitutto una politica di solidarietà, infatti, essa intende stimolare a livello comunitario gli interventi in grado di consentire alle regioni in difficoltà di superare + agevolmente il proprio svantaggio.   Nel momento in cui fu istituita la Politica di coesione fu inserito nell’Atto Unico che questa politica per esistere aveva bisogno di fondi.
Furono realizzati numerosi interventi nelle regioni grazie al cofinanziamento dei fondi europei denominati <<fondi strutturali>>, così chiamati perché erano istituiti al servizio delle politiche strutturale, come quella che riguardava le strutture agricole, sociali, dell’occupazione, e quella regionale.
 Oggi i fondi strutturali che consentono all’unione europea di concedere aiuti finanziari a programmi pluriennali di sviluppo regionale negoziati fra le regioni, stati membri, la commissione sono 4:
1-      Fondo Sociale Europeo FSE nasce nel 1960 favorisce l’adeguamento della popolazione attiva ai mutamenti del mercato dell’occupazione  e all’inserimento professionale dei disoccupati e delle categorie svantaggiate;
2-       Fondo Europeo di Orientamento e Garanzia Agricola FEOGA nasce nel 1962 finanzia il settore agricolo principalmente nelle regioni che presentano un ritardo nello sviluppo operando nel quadro della Politica Agricola Comune PAC;
3-      Fondo europeo di Sviluppo Regionale FESR nasce nel 1975 finanzia le infrastrutture, gli investimenti produttivi intesi a creare posti di lavoro e i progetti di sviluppo locale e corregge gli squilibri tra le regioni.
4-       strumento finanziario di orientamento della pesca (SFOP) che finanzia la riforma strutturale del settore della pesca.
Il Fondo sociale europeo FSE
Il FSE ha il compito di utilizzare in modo efficace il potenziale dei lavoratori per contribuire al miglioramento delle opportunità di impiego, inizialmente serviva soprattutto finanziare misure di trasferimento e riqualificazione,  all’art. 123 del Trattato di Roma   attribuisce al FSE il compito di utilizzare in modo efficace il potenziale dei lavoratori contribuendo al miglioramento delle opportunità di impiego.
Il FSE erogava contributi determinati con un sistema indiretto, che nel rispetto dei requisiti individuati dal consiglio, venivano concessi alle autorità nazionali, ma non ai lavoratori, poiché l’originario regime di intervento del FSE era caratterizzato da un sistema di rimborsi delle spese affrontate dagli stati membri, sia x sostenere i lavoratori destinati a cambiare lavoro a seguiti di riconversione industriale, sia per concedere aiuti in ccaso di riduzione o sospensione temporanea dell’attività lavorativa.
Nel 1971  si ha la 1° Riforma del FSE da una decisione del Consiglio 66/1971 dove :
-          vengono incrementate le risorse alle regioni caratterizzate da grave squilibri occupazionali;
-          viene favorita la formazione di manodopera qualificata
-          vengono sostenute le categorie di lavoratori + vulnerabili quali i disabili, anziani,donne e giovani.
Nel 1977 si ha la 2° Riforme del FSE da una decisione del Consiglio 801/1977 dove:
-sia amplia la categoria dei beneficiari del sostegno del FSE;
-si intensifica l’impegno nelle regioni svantaggiate.
Nel 1983 si ha la 3° Riforma del FSE da una decisione del Consiglio 516/1983 dove:
            -si rafforza la concentrazione degli interventi;
            -si riserva maggiore attenzione alla programmazione dell’occupazione giovanile;
            - viene aumentato il contributo del FSE per gli operai privati (sempre in merito ai requisiti  
              stabiliti dal consiglio).
Negli anni ottanta l’impegno finanziario della comunità x ridurre i divari strutturali esistenti tra le sue regioni si era rilevato inadeguato, specialmente in vista dell’obiettivo del completamento del mercato unico.
Nel 1987  con l’Atto Unico Europeo si ha la 1° grande Riforma dei Fondi Strutturali  e la comunità si impegna a sostenere lo sforzo di adeguamento delle economie regionali in ritardo strutturale per renderle pienamente integrate nello spazio europeo. Quindi la commissione proponeva di raddoppiare l’impegno finanziario dei fondi: pertanto venne adottato a Bruxelles il “ Pacchetto Delors 1”, che metteva in luce l’importanza delle iniziative regionali e locali, sulla base del presupposto che nessuna organizzazione centralizzata avrebbe tenuto conto in modo completo delle differenti situazioni locali.
 La riforma dei fondi strutturali, si basa su una serie di principi chiave, tra cui in primis abbiamo la concentrazione degli interventi volta al conseguimento di un numero limitato di obiettivi riferiti a problemi di alcune regioni e ai principali squilibri riscontrabili sul mercato del lavoro in tutti gli stati membri. Abbiamo poi:
-          il Programmazione che rappresenta il processo di organizzazione decisione  e finanziamento delle fasi successive per attuare su base pluriennale l’azione congiunta della Comunità e degli Stati Membri;
-          la Partnership   che prevede il coinvolgimento di tutti gli attori sociali interessati alla realizzazione degli interventi comunitari (comunità-stato-regione);
-          Addizionalità  i fondi strutturali comunitari devono affiancarsi alle risorse nazionali e la Commissione verifica che i fondi richiesti dallo stato siano aggiunti effettivamente ai sui fondi interni;
-          E la valutazione periodica delle azioni finanziarie  della comunità volta a verificare se siano state attuate correttamente per prevenire e sanzionare le irregolarità recuperare le somme perse a causa di un abuso o di una negligenza.
La riforma, inoltre per quanto attiene al FSE ne ha accentuato il ruolo volto a ridurre la disoccupazione di lunga durata e facilitare l’inserimento professionale dei giovani, per favorire la stabilita occupazionale attraverso la formazione professionale, finalizzata all’acquisizione di competenze richieste dal mercato del lavoro.
Nel 1993 il Tratto di Maastricht costituisce una svolta importante per la coesione economica e sociale e viene sottoscritto un Protocollo dedicato a tale coesione ed istituito un nuovo Fondo, il Fondo di coesione, che è un contributo finanziariocce viene messo a disposizione per progetti nel settore dell’ambiente, delle reti transeuropee, delle infrastrutture e del trasporto.
In quel periodo ci fu una 2° riforma a causa delle problematiche che avevano messo in evidenza una difficoltà di adattamento al sistema di programmazione varato dalla riforma del 1988. si registravano le difficoltà nell’individuazione dei progetti eleggibili ed errate previsioni finanziarie. Tali difficoltà riscontratesi da parte della comunità e da parte nazionale hanno rappresentatogli elementi di rilievo della normativa comunitaria dei fondi strutturali e delle linee nazionali di intervento. Per colmare i problemi esistenti viene introdotto il “ Pacchetto Delors 2” dove sono individuate una serie di misure destinate a perfezionare gli interventi nelle aree più sfavorite ed a consolidare i principi fondamentali individuati nella riforma del 1988.
La revisione della riforma ha individuato un 6° obiettivo fondamentale dei fondi strutturali ai quali è destinato gran parte dei finanziamenti.
I 5 obiettivi erano:
1-      Promuovere lo sviluppo e l’adeguamento delle regioni in ritardo di sviluppo;
2-      Riconvertire le regioni o parte di esse gravemente colpite dal declino industriale
3-      Lottare contro la disoccupazione di lunga durata
4-      Facilitare l’inserimento professionale dei giovani nel mercato del lavoro
5-      Questo quinto obiettivo si  divide in:
5a- favorire l’adeguamento delle strutture agricole nell’ambito della riforma della PAC(politica Agricola Comunitaria);
5b-promuovere lo sviluppo delle zone rurali
A cui si è aggiunto l’Obiettivo 6 destinato a promuovere lo sviluppo delle regioni a bassa densità di popolazione o caratterizzate da un clima particolarmente rigido.

Nel 1993 in occasione del Consiglio Europeo di Copenaghen fu varata una strategia che prevedeva che l’Europa doveva aiutare gli Stati ad aderire alla comunità. A partire dal ’94 viene attivata questa strategia detta “Strategia di preadesione”. E in questo periodo nascono i Fondi Europei di Preadesione 1993 che sostengono gli investimenti volti a colmare il divario con i nuovi paesi membri. Gli stati che intendevano aderire alla comunità dovevano raggiungere dei criteri che erano:
- il criterio politico
- il rispetto dei diritti umani e minoranza
- il criterio dell’aquis comunitario (cioè tutte le norme su cui i nuovi paesi membri dovevano giurare il rispetto per poter entrare nell’unione)
-criterio economico dove gli stati dovevano raggiungere un economia aperta fatta di concorrenza per un mercato aperto e libero
Bisognava aiutare questi stati e dare il sostegno economico necessario cosi furono creati  questi fondi che sono :
-Fondo PHARE  che accompagnava la modernizzazione dei PECO(paesi europei centro orientali) poi successivamente si è esteso ai paesi  dei Balcani occidentali, era stato avviato già nel 1997 e nel 1999 per rispondere alle esigenze dell’adesione di nuovi stati e per agevolare le transizione verso i fondi strutturali, attualmente finanzia numerosi progetti detti TRANSFONTANIERI( rapporti tra stato e stato vicini) che interessano il futuro campo d’azione: dei fondi strutturali, il programma PHARE è incentrato su 2 priorità:
1-rafforzamento delle istituzioni e delle amministrazioni
2-finanziamento degli investimenti.
-Fondo ISPA istituito nel 2000 per sostenere i PECO nel settore dei trasporti e dell’ambiente, destinato ai paesi meno prosperosi della comunità, finanzia direttamente i progetti ambientali consentendo l’applicazione delle direttive in materia di ambiente.
-Fondo SAPARD  operativo dal 2000 aiuta i paesi candidati a sostenere l’impatto derivante dalla politica agricola comune, in particolare sostiene l’adeguamento alle norme europee di qualità dei prodotti alimentari e di protezione dei consumatori.
E stata istituita la programmazione 2007/2013  che riguarda le strategie e le risorse della politica di coesione che saranno articolate su 3 nuovi obiettivi prioritari in materia di intervento strutturale:
1-      Convergenza  che sarebbe l’obiettivo 1 (sostegno alle aree in ritardo di sviluppo, alle regioni ultraperiferiche  ed a quella a bassa densità di popolazione);
2-      Competitività che sarebbe l’obiettivo 2 e 3 (2-sostegno alle regioni bisognose di interventi di riconversione socio economico,3-sviluppo delle risorse umane in tutta l’area europea)
3-      Cooperazione  viene inserito questo nuovo obiettivo che da più importanza alle cooperazioni territoriali per ciò che concerne la risoluzione di problemi analoghi.

Nel 1999 è stata approvata  l’Agenda 2000 presentato dalla Comunità  che ha semplificato i meccanismi di intervento dei fondi strutturali per il periodo 2000/2006 , prevedendo un maggiore decentramento nella gestione delle risorse e riducendo gli obiettivi da 6 a 3, ossia:
1-      Sostegno alle aree in ritardo di sviluppo, alle regioni ultraperiferiche  ed a quella a bassa densità di popolazione;
2-      Sostegno alle regioni bisognose di interventi di riconversione socio economico;
3-      Sviluppo delle risorse umane in tutta l’area europea
Per gli anni 2000/2006 la commissione ha delineato un quadro finanziario molto rigoroso con cui ha cercato di gestire risorse di bilancio sufficienti a coprire i costi dell’allargamento dell’unione.
R.M.

La Strategia Europea coordinata per l’Occupazione (SEO)

La Strategia Europea coordinata per l’Occupazione (SEO)


Nel 1993 nasce il libro Bianco di Jack Delors allora presidente della Commissione europea ed era il primo compito della comunità per individuare efficaci misure per promuovere l ‘occupazione, attraverso questo documento il problema dell’occupazione e della disoccupazione  sono al centro degli interessi della comunità un vero è proprio cambio di direzione intrapreso  dal Trattato di Maastricht  1992 dove nasceva una politica monetaria orientata verso una stabilità e verso il risanamento dei bilanci pubblici con una grande attenzione alle politiche in grado di accrescere la competitività promuovendo l’innovazione e lo sviluppo. Il progetto di Delors si ispira a KEYNES  secondo il quale i soli meccanismi del mercato non sono in grado di ottenere il pieno sviluppo dei fattori produttivi del lavoro, quindi deve intervenire la politica economica per correggere le disfunzioni del sistema capitalista realizzando così un equilibrio tra la domanda e l’offerta caratterizzato da una sottoccupazione è necessario l’intervento dello stato attraverso adeguate misure di politica economica e finanziaria  bisogna cosi lasciare anzi abbandonare i principi del  lassez faire che caratterizzano la teoria classica economica.
Solo con il Consiglio europeo di Essen del dicembre 1994 che sono state definite le linee di intervento della strategia di lotta alla disoccupazione attraverso un miglioramento delle prospettive occupazionali attraverso 5 punti:
1-abbassamento dei costi salariali indiretti (per favorire le assunzioni in particolare dei lavoratori meno qualificati);
2-incremento di una politica del mercato del lavoro  definendo le misure di integrazione del reddito;
3- promozione di investimenti nell’educazione e nella formazione;
4- migliorando e promuovendo la flessibilità del lavoro in grado di creare posti di lavoro e incoraggiare iniziative locali e regionali;
5-rafforzare le misure a favore dei gruppi particolarmente colpiti dalla disoccupazione di lunga durata.
Sulla base di tali priorità i singoli stati membri si sono impegnati ad elaborare Piani Nazionali per l’Occupazione  che rappresentano il fondamento delle politiche occupazionali di ciascun paese e sono il riferimento principale delle dinamiche proprie del mercato del lavoro nazionale e delle strategie programmate e attuate per far fronte ai problemi strutturali che penalizzano l’occupazione.
La lotta alla povertà  e all’esclusione sociale passa attraverso lo sviluppo dell’occupazione che è diventato l’oggetto di alcune importanti prese di posizione nell’ambito del Consiglio Europeo  che ha indicato le linee guida per favorire la crescita occupazionale in tutta L’Unione, la situazione del mercato del lavoro varia da zona a zona infatti ci sono alcune zone dove la domanda di lavoro coincide con l’offerta di manodopera mentre in altre zone tra la domanda di lavoro e l’offerta di manodopera ci sono delle differenze in quanto  l’offerta di lavoro è aggravata dalla presenza di disoccupati a rischio di esclusione sociale per obsolescenza delle conoscenze e competenze professionali tale fenomeno viene chiamato Disoccupazione Strutturale è una delle cause di questa disoccupazione è proprio la mancanza di manodopera competente professionalmente in grado di adattarsi ai cambiamenti nel modello di domanda nei vari processi produttivi, il problema della disoccupazione strutturale è grave per coloro che restano a lungo senza lavoro perdendo del tutto l’attitudine e l’abilità ad inserirsi nell’ambiente di lavoro quindi si ha bisogno per migliorare la situazione di creare soluzioni che rendono necessarie, per le regioni meno avanzate,  sostegni per promuovere gli investimenti e migliorare la base economica mentre per le regioni  dove la disoccupazione è più elevata necessitano di aiuti per facilitare il trasferimento dell’occupazione verso i settori in crescita, però in tutte le regioni è indispensabile una certa flessibilità nel lavoro per favorire un incremento dell’occupazione ed assicurare ai gruppi svantaggiati  un adeguato sostegno.
La commissione nel 1996 ha presentato la Comunicazione Azione per l’Occupazione in Europa : un Patto di Fiducia, obiettivo del patto era quello di favorire un approccio collettivo alle problematiche occupazionali  attraverso la mobilitazione delle autorità pubbliche e delle parti sociali, questa fu anche adottata nel trattato di Amsterdam nel 1997 che diventò parte integrante di esso.
Nel 1997 il trattato di Amsterdam precisa che tra i compiti dell’Unione rientra al promozione dell’occupazione questo rappresenta una grande svolta per la politica occupazionale in quanto con esso  si è provveduto ad aggiungere al trattato un nuovo titolo dedicato interamente all’occupazione il titolo VIII.


Il titolo VIII  dichiara che l’occupazione è una questione di interesse comune per gli stati membri che richiede una strategia integrata di tutti gli operatori interessati con l’obiettivo di eliminare un elevato livello di disoccupazione, i capi di stato e di governo hanno deciso di applicare le nuove norme del titolo anche prima che entrasse in vigore il trattato di Amsterdam in modo da avviare anticipatamente le strategie occupazionali. Al fine di dare immediato corso al coordinamento il Consiglio Europeo si è riunito in seduta straordinaria a Lussemburgo  1997 ponendo le fondamenta dell’azione futura dell’Unione ed è stato avviato il processo definito appunto Lussemburgo destinato a contrastare la disoccupazione attraverso politiche più attive a sostegno del lavorala cosiddetta  SEO(strategia europea dell’occupazione)  si basa su 4 pilastri operativi:
1.      Occupabilità  si riferisce alle competenze delle persone i cerca di lavoro,  gli stati possono assicurare che le persone in cerca di lavoro dispongono di competenze ed esperienze richieste dal mercato, per realizzare tale obiettivo bisogna offrire opportunità di formazione, tirocini pratici, ridurre il tasso di abbandono scolastico….;
2.      Imprenditorialità  prevede la creazione di nuovi posti di lavoro attraverso la promozione dell’imprenditoria cioè sostegno allo sviluppo delle imprese, per realizzare questo obiettivo gli stati devono agevolare la creazione di nuove imprese attraverso: l’identificazione di ostacoli, riduzione di oneri fiscali, individuare la creazione di posti nell’impresa del sociale( es. volontariato, cooperativi sociali…);
3.      Adattabilità  mira ad accrescere la capacità di adattamento delle imprese e dei loro lavoratori alle nuove tecnologie ed ai nuovi cambiamenti strutturali dell’economia attraverso la creazione  di partnership a diversi  livelli;
4.      Pari Opportunità deve assicurare alle donne e agli uomini uguali opportunità di lavoro e di carriera attraverso l’integrazione nel mercato del lavoro anche per i disabili.
Sulla base della SEO  l’Unione ha il compito di individuare ogni anno gli Ordinamenti per l’Occupazione in base ai quali ciascuno stato membro è tenuto a redigere il proprio Piano di Azione Nazionale il PAN  che viene sottoposto all’esame della Commissione e del Consiglio, tale documento contiene l’impegno dello stato membro  ad accrescere gli investimenti nelle risorse umane nel corso dell’anno al fine di favorire la creazione di nuovi posti di lavoro.
Il relativo successo  della SEO a partire dal 1997 ha dimostrato che l’occupazione resta un problema rilevante per l’Europa così in occasione degli obiettivi strategici per il periodo 2000/2005 la commissione ha avvertito la necessità di ribadire l’obiettivo della piena occupazione al fine di riavvicinare il tasso di disoccupazione europeo  a quello ei paesi più efficienti nel mondo, anche il Parlamento europeo nel 2002 ha proposto di dare seguito agli impegni assunti attraverso l’avvio di attività comunitarie con strategie che sono durate fino al 2006.
R.M.

La cognizione dei fenomeni di esclusione sociale nella politica sociale dell’unione europea

La cognizione dei fenomeni di esclusione sociale nella politica sociale dell’unione europea


La comunità nasce con il trattato di Roma del 1957 che conteneva rare disposizioni di politica sociale infatti troviamo:
- libera circolazione dei lavoratori che comprendevano la libera circolazione di persone, servizi, capitali e merci in tutti i paesi aderenti alla CEE
- c’era una copertura sociale per i lavoratori migranti
- fu istituito il FSE (fondo sociale europeo) che sosteneva gli stessi lavoratori.
La politica sociale era una politica di accompagnamento, infatti accompagnava altre politiche (x es. la politica economica)
Per delle vere e proprie prese di posizioni dell’Europa per ciò che riguarda la politica sociale si è dovuto aspettare il 1974 dove il consiglio adottò il primo Programma D’Azione Sociale, cioè un documento programmatico che,in un certo numero di anni, si prefiggono le normative da raggiungere. Esso  rappresentava il punto di partenza dell’intervento della Comunità nel settore sociale, il documento conteneva direttive in materia di parità di trattamento a uomini e donne, sicurezza sul luogo di lavoro nonché alcuni programmi specifici in favore di disabili, poveri e anziani.
Nel 1987 nasce l’Atto Unico Europeo che era un documento di riforma dei trattati. Esso si definisce come tale poiché si voleva risolvere un problema di materia comune, infatti si sarebbero dovuti adottare 2 trattati, uno in materia di politica estera e l’altro in materia di politica economica. In materia di politica sociale l’atto unico europeo si sviluppa grazie a Jack Delors che propose una nuova dimensione sociale al diritto comunitario rilanciando il settore della sicurezza e salute dei lavoratori creando un dialogo tra le parti sociali e  la coesione economica e sociale, cioè cercò di creare una politica destinata ad eliminare il divario tra stati, infatti in molte regioni c’era tanta scarsità di risorse e quindi tanti poveri, mentre altre regioni erano più ricche. Quindi  attraverso l’armonizzazione si cercava di  far in modo che in vari settori le legislazioni degli stati membri  abbiano regole comuni  rendendo quindi omogenei i sistemi degli stati stessi. In politica sociale il meccanismo dell’armonizzazione  è valido soltanto in alcuni ambiti es. sicurezza sul lavoro, salute dei lavoratori, ambiente….però esistono anche altri settori che non sono soggetti all’armonizzazione in quanto vengono lasciati alla libera iniziativa dello stato non c’e armonizzazione ma c’e coordinamento della loro attività per raggiungere obiettivi comuni senza che ci siano regole comuni uguali per tutti es. la previdenza….
Nel 1989 i capi di stato e di governo degli 11 stati membri dell’Europa ad esclusione del Regno Unito hanno  adottato a Strasburgo la CARTA COMUNITARIA DEI DIRITTI SOCIALI FONDAMNETALI DEI LAVORTORI  detta anche  PATTO SOCIALE  che contiene tutti quei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, che devono essere garantiti nel mercato del lavoro però non è vincolante per gli stati in quanto non e stato sottoscritta da tutti (il regno unito non l ha firmata), crea dei miglioramenti di vita e di lavoro, protezione sociale, libertà di associazione, formazione professionale, parità di trattamento tra uomini e donne, tutela della salute e sicurezza nell’ambiente di lavoro, protezione dei bambini e degli adolescenti, tutela degli anziani e disabili….
Nel 1992 a Maastricht  è stata segnata una nuova tappa nel settore sociale con la adozione del protocollo sulla politica sociale allegato al trattato sull’ Unione Europea dove veniva constatata la volontà degli 11 stata tranne il Regno Unito di compere progressi significativi in tale campo. E autorizzava gli stati a far ricorso alle istituzioni al fine di adottare decisioni di politica sociale. Tale trattato integrato con l’accordo sulla politica sociale sostiene che la promozione dell’occupazione è una questione di interesse comune.
Nel 1997 con il trattato di Amsterdam fu integrato  nel corpus del trattato l’ Accordo sulla politica sociale (questo è il primo trattato che integra completamente al suo interno al politica sociale) con  vari obiettivi comunitari es. promozione dell’occupazione in quanto questione di interesse comune, ribadisce l importanza delle parti sociali ad un duplice livello sia nazionale(dove gli stati  possono affidare alle parti sociali l’attivazione delle normative) e sia a livello comunitario (dove la commissione promuove la consultazione e il dialogo tra le parti il cosiddetto “dialogo sociale” dove partecipano alla realizzazione di un mercato interno e alla sua dimensione sociale). Questo viene inteso come tentativo di far partecipare le parti sociali alle fasi delle trattative dando vita a una “partnership sociale” a livello europeo istituendo dei FORUM composti da vari organismi consultivi che permettono l’integrazione tra istituzioni e parti sociali  cercando di risolvere carenze di ogni tipo.
Nel 1997  nel Programma D’Azione sociale  la commissione ha ritenuto che gli organi rappresentativi debbano essere consultati su un ampia serie di problemi sociali quali: l’esclusine sociale, il razzismo, la disabilità, l evoluzione demografica e l’invecchiamento….
L’Unione si è occupata di esclusione sociale soltanto a partire dalla seconda metà degli anni 80 predisponendo programmi specifici quali:
-          Programma Povertà I che la comunità ha posto in essere nel 1975 sostenendo la realizzazione di progetti pilota negli stati membri;
-          Programma Povertà II 1984/1989 dove è stata riportata l’ attenzione allo scambio trasnazionale di esperienze tra i progetti locali;
-          Programma Povertà III  1989/1994 sono state fatte sperimentazioni a livello locale sulle strategie di integrazione economica e sociale basate sulla partnership  comunitaria.
Tutto questo servì per promuovere programmi contro la povertà, infatti nello stesso periodo si intensifica la lotta all’ esclusione sociale. 
Dal 1993 al 1994 furono istituiti anche alcuni  documenti programmatici  quali il Libro Verde sulla politica sociale del 1993 che ha una valenza meno specifica e individua le linee guida generali; ed il Libro Bianco del 1994 che è più specifico e individua le strategie che la comunità deve intraprendere. Entrambi però delineano una linea guida che la comunità deve adottare in materia di lavoro,  libera circolazione e parità  di trattamento tra uomini e donne…La commissione nel 1994 attraverso il Programma d’Azione Sociale per il 1995/1997  ha cercato di creare una cooperazione tra le autorità competenti degli stati membri per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale, successivamente nel 1997 fu istituito il consiglio europeo di Straordinario di Lussemburgo che prevedeva  strategie coordinate in favore dell’occupazione mediante politiche attive al sostegno del lavoratore che  vennero chiamate SEO (strategie europee per l occupazione) fondata su 4 pilastri :
-          occupabilità prevenendo la disoccupazione di lunga durata riducendo il rischio di esclusione sociale;
-          imprenditorialità agevolare le creazioni d’impresa;
-          adattabilità accrescere la capacità di adattamento delle imprese e dei lavoratori alle nuove tecnologie;
-          pari opportunità garantire parità di accesso e integrazione nel mercato del lavoro di uomini e donne.
 Invece nel Programma D’azione sociale del 1998/2000 vengono raggruppate le varie linee d’azione in materia sociale tra cui: crescita dell’occupazione, competenza e mobilità, lotta all’esclusione sociale, integrazione sociale….
Dal periodo 2000/2005 viene inaugurato un nuovo Programma D’azione Sociale dove si cerca di dare maggiore visibilità alla politica sociale Europee e con il vertice di Lisbona del 2000  si è cercato un accordo sui principi guida della nuova Agenda Sociale e sul ruolo della politica sociale quale fattore produttivo,. La strategia di Lisbona è che l’Europa doveva passare verso  un’ Europa della conoscenza promuovendo il passaggio ad un’ economia competitiva dinamica basata sulla conoscenza e il coordinamento aperto tra gli stati membri. I vari Impegni dell’agenda 2000 sono :
-          una piena occupazione mediante un miglioramento quantitativo e qualitativo dell’occupazione;
-          adottare i sistemi sociali per consentire che il lavoro possa fornire un reddito sicuro rendendo sostenibili i sistemi pensionistici e promuovendo l’integrazione sociale e un assistenza sanitaria di elevata qualità;
-          rafforzare la normativa sociale nell’ottica dell’allargamento dell’ Unione Europea verso gli altri paesi.
Riguardo agli obiettivi previsti per il 2005 è risultato impossibile raggiungerli nel periodo prestabilito ma anche quelli del 2010 rischiano di non essere conseguiti per via degli scarsi progressi ottenuti nel ritardare l’abbandono del mercato del lavoro dei lavoratori più anziani.
La politica sociale ha cercato di rimediare ai fallimenti del mercato tutelando i soggetti più deboli e svantaggiati attraverso la modernizzazione del modello sociale europeo incentrando lo sviluppo delle risorse e la lotta  alle esclusione sociale, attraverso la promozione dell’inclusione sociale mediante azioni prioritarie indirizzate a particolari gruppi quali bambini, anziani, disabili…

 R.M.

Dalla povertà all’esclusione sociale

“Dalla povertà all’esclusione sociale”

Il più grave problema della società odierna è la povertà che concorre all’esclusione di individui, famiglie e gruppi, rappresenta un fenomeno complesso che si è modificato nel corso degli anni ed attualmente il fenomeno è difficile rilevarlo in quanto venendo meno il rapporto tra posizione economica e sociale mancano quindi quei parametri essenziali che posso mettere appunto delle lotte efficaci contro la povertà stessa. A partire dagli anni 80 il fenomeno povertà si è messo in luce in molteplici aspetti :
-1° aspetto  dove essa non è più un fenomeno unilaterale ma multidimensionale cioè che comprende una pluralità di fattori es. assistenza sociale, istruzione, cibi, casa…;
-2° aspetto pone in risalto la cosiddetta povertà relativa( che tiene conto del rapporto tra gli individui e del livello medio di vita il PIL) con il superamento della povertà assoluta(basata sul valore monetario per l’acquisto di beni e servizi ritenuti essenziali per condurre una vita dignitosa il reddito : consumi);
-3° aspetto pone invece il superamento della povertà statica (fondata su criteri predefiniti come il reddito, le condizioni abitative, le condizioni alimentari…) nei confronti della povertà dinamica( incentrata su processi di impoverimento di tutti i gruppi sociali in particolari dei disabili, anziani, donne, bambini…). Quindi la nuova povertà e relativa - dinamica  ed ha introdotto il concetto di ESCLUSIONE SOCIALE un fenomeno che non fa riferimento alla mancanza di reddito ma si riferisce alla mancanza di capitale sociale cioè le varie relazioni su cui un individuo può contare per sentirsi integrato in una società. Il termine esclusione sociale è stato utilizzato  per la 1° volta in Francia  nel 1974 dal sociologo Renè Lenoir  che constatò per la prima volta l’estensione della povertà sociale non solo ai poveri ma anche ad individui di differente estrazione sociale, egli comprese nel grande paniere degli esclusi  i portatori di handicap, anziani, tossici, vagabondi, prostitute….tutti quelli che avevano bisogno di assistenza istituzionalizzata (che veniva dallo stato). Venne istituito la cosiddetta soglia di povertà  un parametro che indica quali sono i poveri e quali no in base al reddito medio familiare pro-capite dove veniva considerato il parametro del 60% al di sotto del quale si trovano i poveri.
Domanda: la definizione di esclusione sociale sostituisce la nozione di povertà?
Risposta: la definizione di esclusione sociale è più ampia ma non sostituisce la nozione di povertà, ma alcuni sostengono che la povertà si riferisce alla mancanza di mezzi che rende il soggetto incapace di reagire di fronte a tale situazione mentre l esclusione si riferisce alla mancanza di risorse sociali cioè di relazione che impediscono agli esclusi l esercizio dei propri diritti.
Si è cosi sviluppato un dualismo tra INSIDE ed OUTSIIDE che sposta l attenzione non più sulle persone povere (fenomeno di inside) ma sulle istituzioni che non sono capaci di attuare meccanismi validi di inclusione (fenomeno outside). Un altro concetto che si sviluppa negli anni 60 è UNDERCLASS che evidenzia la condizione particolare  di gruppi come le popolazioni di colore delle grandi città collocate ai margini di una società, questo termine fu introdotto da Myrdal per attrarre l’attenzione pubblica sulle strategie di sopravvivenza attivate da individui esclusi dagli standard della società. Negli anni 90 viene invece abbandonato il termine povertà mentre viene sempre + utilizzato il termine di esclusione sociale e molti sociologi dico le loro impressioni sul fenomeno dell’esclusione  tra questi troviamo: De Fucal e Afficart  che dichiarane che l’esclusione è rappresentato dall’effetto di alcuni fattori di rilievo quali la povertà materiale, le malattie, analfabetismo….; per Paugam invece l esclusione è connessa alla desqualification sociale cioè la fragilità sociale, mancanza di lavoro, rottura dei legami familiari….tutto questo determina la cosiddetta spirale della precarietà dove l esclusione interessa un gruppo eterogeneo di persone ed è per questo che determina un approccio non più statico ma dinamico non più basato sul reddito ma su caratteristiche fisiche e sociali. E negli anni 90 che  tutti i paesi del mondo tra cui Stati Uniti e Unione Europea concorrono creando strategie per eliminare l esclusione sociale creando delle politiche sociali capaci di abbattere questo fenomeno, l’ esclusione sociale e l’ integrazione sociale  sono diventate i problemi importanti che furono affrontati nel Vertice Mondiale per lo Sviluppo Sociale di Copenaghen organizzato dalle Nazioni Unite nel 1995 dove i capi di stato e di governo di ben 186 paesi si sono riuniti per discutere definendo gli obiettivi che riguardano la lotta alla povertà e all’esclusione sociale analizzando le cause e mettendo a punto gli strumenti di lotta per contrastare questo fenomeno attraverso l integrazione sociale.


A Copenaghen fu adottata una DICHIARAZIONE e un PROGRAMMA D’AZIONE.
-La Dichiarazione non è vincolante per gli stati  firmatari ma essi stessi si sono impegnati a risolvere i relativi problemi di : malnutrizione, corruzione, criminalità organizzata, terrorismo…attraverso un coordinamento nazionale regionale internazionale rispettando i diritti umani quali l’uguaglianza, libertà…Nel vertice di Copenaghen aveva messo in risalto che i più colpiti dalla povertà sono donne, bambini, anziani, disabili….distinguendo così la povertà estrema caratterizzata dalla totale privazione dei bisogni umani di base quali cibo, acqua potabile, strutture sanitarie, alloggi, istruzione…dalla povertà urbana  con problemi sociali come il sovrappopolamento, l’inquinamento delle acque, la criminalità….
-Programma d’azione fu fatto a favore dello sviluppo sociale e del benessere assumendosi tutti e 186 paesi 10 impegni  a noi interessano solo il 2 e 4 impegno.
Il secondo impegno finalizzato alle eliminazione della povertà nel mondo entro un periodo di tempo questi sforzi dovrebbero comprendere l eliminazione della fame e della malnutrizione, la sicurezza alimentare, l’istruzione, l’occupazione, i servizi sanitari di base, acqua potabile, miglioramento condizioni igieniche sanitarie, costruzione di alloggi….e gli stati partecipanti a   Copenaghen  si sono impegnati a incoraggiare tutti i donatori internazionali, le banche internazionali a sostenere i programmi volti a realizzare lo sviluppo dei paesi poveri in particolare dell’Asia del sud.
Il quarto impegno mira a promuovere l integrazione sociale che si concretizza con la realizzazione di una società per tutti dove ogni individuo con i propri diritti e proprie responsabilità abbia un ruolo attivo basato sul rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, delle diversità culturali e religiose, della giustizia sociale, e delle particolari esigenze dei gruppi più svantaggiati. A livello Nazionale gli stati devono  eliminare la discriminazione in tutte le sue forme  e raggiungere
 l integrazione sociale attraverso l istruzione,  l’uguaglianza sia formale che sostanziale; mentre a livello internazionale gli stati  si sono impegnati nell’applicazione di strumenti relativi alla protezione dei diritti umani, sviluppo economico umanitario….attraverso i vari trattati internazionali che divengono vincolanti per gli stati firmatari.
Il programma d’azione non è altro che la traduzione in termini  pratici  (la pratica, la messa in opera) degli intenti assunti dalla dichiarazione, ma entrambi non hanno prodotto effetti esaltanti e fino al 2000 molti paesi non sono stati in grado di formulare strategie e superare i limiti della dichiarazione e dopo 5 anni nel 2000 è stato fatto a Ginevra un altro vertice chiamato
Copenaghen + 5 , nel quale fu affrontata la questione del debito estero che gravava su quasi tutte le nazioni del sud del mondo e i paesi interessati (sud africa) si trovavano  in grave difficoltà nel restituire il loro debito ogni anno costretti a pagare gli interessi che a volte superavano il costo del debito stesso, tutto ciò comportava che questi paesi non erano in grado di svilupparsi al loro interno in modo adeguato dovendo pagare il loro debito alle nazioni più ricche.
A Ginevra fu  stilato un documento di revisione di quanto stabilito durante il vertice di Copenaghen avanzando nuove proposte con iniziative destinate a rendere effettivi gli impegni sociali assunti, con una particolare attenzione al debito estero dei paesi più in via di sviluppo, e si decise che entro il 2015  si doveva eliminare la cosiddetta povertà estrema  considerando che un quinto della popolazione mondiale  vive con un dollaro al giorno, per rispettare questa data  c’era bisogno della partecipazione globale di tutti i paesi coinvolti  più ricchi e più poveri in una serie precisa di responsabilità :
 - I paesi poveri  dovevano riformare le loro politiche destinando le proprie risorse al raggiungimento dei primi 7 obbiettivi quali la fame, l’istruzione, l’uguaglianza, ridurre la mortalità infantile, migliorare la maternità, ridurre  HIV, le varie malattie, sostenere l ambiente;
- I paesi più ricchi si impegnarono a raggiungere 8 obiettivo cioè garantire la riduzione del debito dei paesi in via di sviluppo attraverso la garanzia di migliori opportunità commerciali, regole di mercato più eque. Per gli Stati Uniti attuare tutto questo è stato facile  perchè al suo interno già c’era la carta Costituzionale dell’ONU che lo prevedeva, ma per L’Europa  non è stato facile perché ha dovuto superare una serie di ostacoli perchè la comunità Europea nasce nel 57 come organo sopranazionale e con entità economica e non sociale ed infatti il termine di esclusione entra a far parte nella normativa europea solo nel 1989  nella Risoluzione dei Ministri degli Affari Sociali dove la comunità volle sottolineare l importanza dell’impegno contro il fenomeno in questione, ed è in questo periodo che Jack Delors con la sua presidenza  diede una svolta decisiva  in un ottica fatta solo di economia di mercato attraverso ATTO UNICO EUROPEO 1987 non vincolante per i paesi ma è un atto politico importante perchè traccia la strada alle future norme comunitarie, viene nominato il termine di esclusione anche nella Carta Comunitaria dei diritti sociali dei lavoratori  1989 che afferma che i lavoratori  esclusi dal lavoro  devono usufruire  di adeguate risorse per un buon proseguimento ella loro vita. Nonostante però la frequenza  dell’utilizzo del termine esclusione esso però non ha assunto dignità costituzionale sino al trattato di Nizza 2001 dove la parola esclusione entra nel gergo comunitario assumendo una  dignità costituzionale trovandosi nel trattato documento vincolante per tutti, ne parla art. 34 dicendo “ l unione riconosce il diritto alla protezione contro esclusione sociale e  la povertà con l’obiettivo di garantire un esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongono risorse sufficienti”.
L’ultima tappa dove possiamo trovare la parola esclusione è nel trattato sulla costituzione 2004 nella parte I art. 3 che contempla tra gli obiettivi dell’ unione la lotta all’esclusione sociale.

R.M. 






venerdì 27 marzo 2015

Principio di Sussidarietà

Il Principio di Sussidiarietà

Il Principio di sussidiarietà rappresenta il principio più importante della politica sociale in quanto focalizza l’attenzione del sistema comunitario dove le competenze sono condivise tra gli stati membri e la comunità stessa e vige tra di essi il principio di sussidiarietà  esso garantisce che  l’azione si svolga al livello più appropriato nei settori in cui le competenze sono condivise tra gli stati membri  e l’ Unione,  e l’Unione interviene  solo se il suo intervento risulta realmente più efficace rispetto a quello degli stati membri presi singolarmente.
Il temine sussidiarietà è stato ripreso e ricodificato dalla dottrina sociale della chiesa la quale se ne è servita per definire i rapporti tra stato e società, ma questo termine sussidiarietà ha avuto una grande evoluzione all’interno della chiesa a partire dalla:
-          I Enciclica Rerum Novarum 1891 di Papa Leone XIII  dove il termine sussidarietà era legato alla solidarietà e dove i diritti degli individui non erano altro che un effetto riflesso di un autolimitazione dello stato in quanto titolare di una sovranità originaria;
-          II Enciclica Quadrigesima di Pio XI 1931 dove il suo obiettivo era quello di contrastare la concezione individualista e liberista del capitalismo poco attento ai doveri di solidarietà nei confronti dei più poveri ed in questa enciclica la sussidiarietà rappresenta il riconoscimento alla persona umana di autonomia che non può essere annullata dalle istituzioni pubbliche alle quali compete il compito  di aiutare il singolo e la comunità a lui più vicina quando questi non sono in grado di autoregolarsi e gestirsi da soli, lo stato e le altre istituzioni devono assumere una funzione propulsiva di aiuto;
-          Enciclica Pace in Terris di Giovanni XXIII 1963 questa enciclica fa un passo avanti per ciò che concerne il termine sussidiarietà in quanto  estende questo principio nell’ambito delle relazioni internazionali e dice che i poteri della comunità mondiale senza sostituirsi a quello dello stato devono  contribuire alla realizzazione del bene comune universale affrontando e risolvendo i problemi a contenuto economico, sociale, politico e culturale;
-          Enciclica Centesimus Annus di Giovanni Paolo II qui ritorna la questione del principio di solidarietà che deve essere sempre coniugato con quello di sussidiarietà, viene applicato il principio del welfare state individuando che le degenerazioni di quest’ultimo sono dovute proprie al mancato rispetto del principio di sussidiarietà, infatti fine anni 70/80 il welfare state  cade in una profonda crisi e il principio di sussidiarietà viene messo da parte e viene ripreso solo nel momento in cui viene lanciata la dinamica dell’Unione Europea in particolare all’inizio degli anni 80 quando fu costituito l’ATTO UNICO EUROPEO dove fu necessario riprendere il principio di sussidiarietà per le famiglie e le attività del 3° settore in particolare essa viene inserita nel trattato sull’Unione Europea 1992 trattato di Maastricht dove i motivi furono: la pressione fatta dal regno unito timoroso della sovranità nazionale da parte dell’Unione Europea; per l’insistenza dei Lander Tedeschi i preoccupati di definire le proprie prerogative nei confronti  poteri regionali di fronte ad un Unione Europea che tendeva ad assorbire non solo le competenze degli stati ma anche quelle devolute alle regioni infatti art. 3B dice .” nei settori che non sono di sua competenza la comunità interviene secondo il principio di sussidiarietà soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi  dell’azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli stati membri e possono  essere realizzati meglio a livello comunitario”.
La sussidiarietà europea ha 2 funzioni:
1-      Funzione promozionale che obbliga la comunità, lo stato, le regioni, comune e chiesa ad aiutare le articolazioni sottostanti per metterle in condizione di sostenere i singoli cittadini nello sviluppo di una vita degna dell’uomo;
2-      Funzione protettiva proibisce  alle istituzioni di intervenire nell’ambito di vita e di azione dell’articolazioni sottostanti se esse sono nella condizione di autoregolamentarsi.
Una società giusta deve soddisfare sia la dimensione protettiva che promozionale.
La sussidiarietà può essere definita come il principio regolatore delle competenze comunitarie che funzionano quando le articolazioni sottostanti non riescono a far fronte agli impegni che la situazione richiede, il principio vuole che lo stato  cerchi  anche di ottimizzare le risorse dei soggetti minori.


Abbiamo 2 tipi di sussidiarietà:
1-      Sussidiarietà verticale applicabile a quelle materie in cui esiste una legislazione concorrente che si riferisce ad un attore(istituzioni) che ha una posizione sovraordinata nei confronti di altri attori e sperimenta una mobilità di risposta ai bisogni lasciando agli enti minori le competenze necessarie.
2-      Sussidiarietà orizzontale  si riferisce ad attori che non hanno relazioni gerarchiche tra loro e mira ad inserire all’interno del sistema pubblico tutti gli organismi che operano efficacemente sul territorio, in tale contesto i varia attori devono essere sussidiari tra loro cioè devono creare forme di coordinamento sociale. Nella dimensione orizzontale pone lo stato sullo stesso piano degli altri attori sociali.
La sussidiarietà dell’Unione Europea è un principio flessibile cioè consente si ampliare le azioni comunitarie quando lo richiedono le circostanze e per ridimensionarle quando esse non appaiono più giustificate, l’intervento della comunità si giustifica in 3 casi:
1-      quando si è in presenza di aspetti trasnazionali (al di sopra delle nazioni)
2-      quando le azioni dei singoli stati  sarebbe in contrasto con le prescrizioni del trattato

3-      quando l’azione comunitaria produce un valore aggiunto rispetto alle misure nazionali.

R.M.