giovedì 2 aprile 2015

Etica ed economia

ETICA ED ECONOMIA

Il mercato è un sottosistema dell’economia, esso non è solo il luogo dello scambio, ma è anche un luogo pubblico e  come tale è un luogo umano,con il fenomeno della mondializzazione avviene il villaggio globale.
Secondo un antico adagio i popoli si conquistano o con le guerre o col commercio, infatti, Montesquieu afferma che per conquistare un paese non si deve fare la guerra, ma introdurre nuove tratte commerciali, quindi per egli il mercato è dolce.
Il mercato da luogo d interazione si trasforma in un luogo immaginario,disgiunto,freddo, autoreferenziale.
La scienza economica nasce per regolare le realtà commerciali, nella toscana del 1200/1300 nascono le prime scuole aritmetiche grazie a Paciotti che si occupa di computisteria, pertanto si assiste all’esplosione di un’arte rispetto ad un’altra, perchè in quella regione si sviluppa il crucivia del commercio, quindi il mercato s è trasformato in autoreferenziale vale a dire che un settore non riesce più ad entrare in contatto con altri aspetti della realtà umana, in altre parole diventa una monade,rappresenta un mondo chiuso che fa riferimento solo a se stesso.
Il mercato si presenta perfetto(equilibrio, armonia) vale a dire rappresenta un luogo dove le povertà sono diminuite e sono diminuite le diversità(una sorta di paradiso di convivenza) ma tale perfezione si presenta come un illusione,come dice la teoria dell’ equilibrio, la domanda e l offerta si eguagliano andando a creare la stagflazione,cioè la stasi,passando poi alla recessione.
Esiste nel mercato un codice deontologico Alberti nel 1400 scrive i libri della famiglia, lasciando un libro ai figli su come si conduce l impresa,per primo dice che le uscite non devono superare l entrate e alla base di ciò deve esserci l onestà.
Musu sostiene che l’impresa nasce su solidi valori morali che fanno parte del codice borghese che non esiste più con la nuova economia, nella quale si propone il guadagno, ma il coinvolgimento delle virtù borghesi ad altri valori, avendo cosi una rivoluzione dei valori morali.
Un economista italiano ha scritto che il principio di responsabilità è alla base della meritocrazia o dell’uguaglianza delle opportunità, fondata sullo sforzo o l’ impegno in quanto distinte dai talenti, esso può essere invocato per i riflessi positivi che può avere sulla produzione.
Il riconoscimento delle responsabilità individuali servirebbe per introdurre nel sistema economico-sociale gli incentivi alla produzione che sono alla base del principio di efficienza.
 Il gran parlare di codici etici, come della soluzione adatta a rendere effettiva la responsabilità sociale nell’attività economica, ha presentato una propaganda x vendere, evolvendosi poi in forma di controlli sociali sostitutivi di quelli entrati in crisi insieme con quelli tradizionali a tempo della sovranità economica nazionale.
Gli elementi di un qualunque codice etico sono:1. il patto sociale dell’ impresa che lega fra loro tutti i vari stakeholders(soggetti che entrano in relazione con l impresa) ;2. l’ esplicazione di quelle norme che fissano il comportamento dei soggetti nel caso d incompletezza contrattuale;3. il codice deve risultare compatibile negli incentivi.
La responsabilità sociale di un’impresa è una relazione del sistema sociale con il contesto nel quale è inserita l impresa,Sombart nel “il borghese”parla dello sviluppo del capitalismo,delle virtù borghesi che rappresentano il codice che gli imprenditori rispettavano e del concetto d impresa che non era un enunciazione di ciò che non bisogna fare ,egli sostiene che l impresa è l attuazione di un piano al quale collaborano diverse persone sotto una volontà unitaria che è il contratto(sistema giuridico che mette in relazione diverse parte,stabilendo gli oneri e i diritti).
In un’opera più recente Buonocore sostiene che non esiste un unico contratto, e non basta che l’imprenditore lo rispetti, quindi, non parla di un contratto che vige solo all’interno dell’impresa, ma di un contratto tra impresa e contesto esterno.
Si parla dunque di un contratto di tipo morale (responsabilità sociale)es. gettando rifiuti tossici sul territorio non solo c è una lesione degli aspetti penali ma anche morali.
Buonocore denuncia, che il conflitto tra morale e utilità si verifica sempre di più nel mondo imprenditoriale,il tema che affronta lo ritiene il vero nodo dell’etica dell’impresa,esso è l’incidenza dell’uomo, legato alle implicazioni etico-politiche, al diritto personale di proprietà sulla vita sociale comunitaria.
La vita economica è l’insieme in cui tutto dipende da tutto,quindi non si può desiderare la produttività e respingere la dipendenza,che è il prezzo del benessere,il problema sta nel trovare l’equilibrio fra benessere e dipendenza conforme dunque, da un punto di vista morale e tecnico-giuridico, alla dignità e alla libertà della persona.
Manzone sostiene che vi è una analogia tra impresa,intesa come istituzione e lo stato che secondo il contrattualismo è una situazione ipotetica in cui gli individui razionali fronteggiano il rischio di subire l’opportunismo reciproco nel momento in cui entrano in affari, ma uno dei problemi dell’impresa è quello dell’ineguaglianza dei partecipanti alla vita dell’azienda.
Nell’impresa,sostiene Manzone, si manifestano diversità di eguaglianza e di posizioni sociali,pertanto l’impresa può essere definita come un nesso di contratti bilaterali indipendenti,che riducono le differenze,insomma secondo Manzone l’impresa è costituita da soggetti che contrattato attraverso relazioni d’autorità,basate sul contratto sociale.
Entra in gioco la teoria dei giochi cooperativi che è volta ad adottare vari piani d’azione comune o strategie congiunte che sono combinazioni di strategie individuali che consentono di ottenere migliori risultati, ma affinché la cooperazione abbia senso,occorre che gli interessi dei singoli partecipanti siano comuni.
Al tema della responsabilità sociale dell’impresa,Manzone ricava una conclusione che la teoria degli stakehlders può aiutare a cogliere l’importanza di una concezione comunitaria dell’impresa,intesa quest’ultima come un soggetto globale che vale a dire coscienza della multidimensionalità della sua gestione,per il fatto che riconosca gli obiettivi,l’impatto,i risultati hanno natura economica,legale,culturale,politica, etica ecc..
Quindi l’instaurarsi di relazioni durevoli e stabili con gli stakeholders è indispensabile per la sopravvivenza e lo sviluppo di lungo termine ed è soprattutto il fine di ogni attività economica.
Buonocore sostiene che anche se rimane insoluto il problema delle diversità tra gli stakeholders,è importante la convergenza dei diversi punti di vista tra l’economista,il giurista e il filosofo sul concetto di responsabilità come non reciprocità.
La responsabilità sociale finisce per presentarsi come dovere etico che tutta la comunità assume nei confronti dei fini sociali dell’impresa,ma se la responsabilità dell’impresa è il profitto allora bisogna tenere presente che l’efficienza si verifica  quando non è possibile migliorare la situazione di qualcuno senza peggiorare quella di un altro.
La debolezza della teoria degli stakeholders sta nella difficoltà di portare fino in fondo le conseguenze del principio di responsabilità sociale dell’impresa, in sintesi degli stakeholders non si definiscono nè competenze e nè funzioni.
Nella posizione etica esiste una differenza, una è la teoria etica classica l altra e quella degli stakeholders, mentre la teoria etica classica vede la persona come investitore di capitale che ha diritto ad un profitto per la sua esposizione al rischio, la teoria degli S.è una teoria etica che tutela gli interlocutori x l interesse dell’ imprenditore, ma è anche un opzione commerciale,(fondano il marketing su temi etici)es. si propone un prodotto più caro con fini etici  che va a toccare la sensibilità del consumatore non per il valore etico intrinseco in se,ma per guadagnare di più.
(Zamagni sostiene che il consumatore è un cittadino, fa parte di un insieme economico, politico, culturale, ecc.)
Ma queste due posizioni però non chiarificano il problema dell’autoreferenzialità degli Stakeholders,in quanto essi godono all’interno dell’impresa d diritti vulnerabili e più variabili di quanto propongono le teorie espresse.
Il conflitto tra teoria neoclassica e degli stakeholders, può essere vista come una lotta tra visioni economiche differenti,infatti la prima affonda le sue radici in una visione economica organizzata che è dominante e contrasta visioni più umanistiche e centrate sull’etica.
Il bilancio sociale che rappresenta la responsabilità d’impresa,pertanto può annullare l’oggetto rappresentato e se quest’ultimo è il patto tra l’impresa e gli Stakeholders, il bilancio rischia di eliminare la sostanza,dato che il patto tra impresa e interlocutori è solo evocato e lasciato nelle mani di un’unica parte che è l’impresa.
Invece i giuristi affronta il tema dell’abuso di diritto specie nell’impresa e per la salvaguardia di tutti i soggetti dell’impresa,quindi la questione si presenta come uno dei nodi fondamentali per affrontare il problema della responsabilità nell’etica degli affari, la democrazia economica,infatti si propone di ricercare un equilibrio tra responsabilità individuale e interessi sociali.
Manzone sostiene che l’equilibrio perviene nell’immettere elementi di democrazia economica in cui sia forte il riferimento etico-sociale, poichè,siccome i dirigenti gestiscono i consigli di amministrazione,è probabile che una maggiore partecipazione ai consigli di amministrazione porteranno i dirigenti ad essere più responsabili moralmente,anche se il bene comune non coincide con quello economico, ma è meno probabile che tale bene comune sia messo in pericolo se vengano prese in conto considerazioni sociali (ambiente,pace sociale).
Dunque un ruolo importante è quello svolto dagli stakeholders sulle responsabilità pubbliche e della società civile,affinchè vengano garantite dal governo dell’impresa le finalità etiche oltre quelle economiche.
Insomma Pellegrini,sostiene che la responsabilità è un elemento fondamentale,poichè essere responsabili, vuol dire rispondere a qualcosa o a qualcuno e come Da Re scrive che responsabile è colui che si interroga sugli effetti del proprio agire che si ripercuote non solo su se stesso ma anche sugli altri e sulla realtà esterna.
Il tema della responsabilità assume un valore importante specie in relazione alla critica mossa da Jonas sull’imperativo categorico di Kant:
Nella “Critica della Ragion pratica” Kant si interroga sul problema della morale e cerca di spiegare come sia possibile formulare dell leggi morali oggettive e universali.
Afferma che per formulare queste leggi non è necessario osservare il mondo circostante ma bisogna spostare l’attenzione alla nostra interiorità e prestare ascolto alla ragione più che ai nostri sentimenti: solo così saremo in grado di comprendere quale sia la morale che ci consentirà di poter aspirare al “sommo bene” (virtù e felicità). Per far questo l’uomo non dovrà elevarsi al di sopra dell’esperienza (anche perché la conoscenza che non ha alcun fondamento empirico non è considerata possibile) ma dovrà partire da questa per poi astrarre, grazie alla libertà del pensiero, ciò che sarà utile per la costituzione della propria morale.
Secondo Kant, l’uomo ha bisogno, per poter agire correttamente, di seguire una morale che può derivare da un processo razionala o che può essere influenzata dal sentimento: in ogni caso l’uomo, che non è né una mela (altrimenti seguirebbe le leggi del meccanicismo) né un santo (altrimenti la sua volontà originerebbe già di suo una morale corretta) deve essere in un certo senso “oggligato” a perseguire questa morale e ciò è possibile soltanto con la formulazione di un imperativo (aggiunge Kant) categorico: “tu devi”. La differenza tra l’imperativo categorico formulato da Kant e quello formulato da Jonas sta sul fatto che quello kantiano ha come fine il rendere possibile la vita presente, di consentire all’uomo di vivere in mezzo agli altri utilizzando leggi morali che possono essere considerate universali e di rispettare se stesso e gli altri come individui (“agisci in modo tale da considerare te stesso e gli altri come fine e non come mezzo delle tue azioni”).
L’imperativo categorico per Jonas invece ha come fine il consentire la possibilità di una vita futura sulla terra e di prendere in considerazione le necessità e i diritti di coloro che verranno,questo teoria definita da Jonas viene chiamata responsabilità diacronica,poiché va oltre i limiti di tempo.
Manzone contrappone all’impresa-società, l’impresa-comunità che va intesa come un ente economico di dimensione sociale,di cui fanno parte tutti gli individui che vi lavorano,tra i quali non vi sono relazioni eguali,bensì sono relazioni di reciprocità e cooperazione e consistono prima di tutto in un senso di appartenenza,di missione e di mutuo interesse.

La responsabilità della vita si rivela come obiettivo dell’azione economica,che va oltre i fini dell’impresa,per connettersi alle finalità dell’esperienza umana,secondo Capograssi,ogni attività umana rappresenta sempre una posizione di tipo antropologico,cioè trattiamo l’uomo a secondo dell’idea che si elabora sull’altro,come un’opzione etica.
R.M.

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