ETICA ED ECONOMIA
Il mercato è un sottosistema dell’economia,
esso non è solo il luogo dello scambio, ma è anche un luogo pubblico e come tale è un luogo umano,con il fenomeno
della mondializzazione avviene il villaggio globale.
Secondo un antico adagio i popoli
si conquistano o con le guerre o col commercio, infatti, Montesquieu afferma
che per conquistare un paese non si deve fare la guerra, ma introdurre nuove
tratte commerciali, quindi per egli il mercato è dolce.
Il mercato da luogo d interazione si trasforma in un luogo
immaginario,disgiunto,freddo, autoreferenziale.
La scienza economica nasce per regolare le realtà
commerciali, nella toscana del 1200/1300 nascono le prime scuole aritmetiche
grazie a Paciotti che si occupa di computisteria, pertanto si assiste all’esplosione
di un’arte rispetto ad un’altra, perchè in quella regione si sviluppa il
crucivia del commercio, quindi il mercato s è trasformato in autoreferenziale vale a dire che un
settore non riesce più ad entrare in contatto con altri aspetti della realtà
umana, in altre parole diventa una monade,rappresenta un mondo chiuso che fa
riferimento solo a se stesso.
Il mercato si presenta
perfetto(equilibrio, armonia) vale a dire rappresenta un luogo dove le povertà sono
diminuite e sono diminuite le diversità(una sorta di paradiso di convivenza) ma
tale perfezione si presenta come un illusione,come dice la teoria dell’
equilibrio, la domanda e l offerta si eguagliano andando a creare la
stagflazione,cioè la stasi,passando poi alla recessione.
Esiste nel mercato un codice
deontologico Alberti nel 1400 scrive
i libri della famiglia, lasciando un libro ai figli su come si conduce l
impresa,per primo dice che le uscite non devono superare l entrate e alla base
di ciò deve esserci l onestà.
Musu sostiene che l’impresa nasce su solidi valori morali che fanno
parte del codice borghese che non esiste più con la nuova economia, nella quale
si propone il guadagno, ma il coinvolgimento delle virtù borghesi ad altri
valori, avendo cosi una rivoluzione dei valori morali.
Un economista italiano ha scritto
che il principio di responsabilità è
alla base della meritocrazia o dell’uguaglianza delle opportunità, fondata
sullo sforzo o l’ impegno in quanto distinte dai talenti, esso può essere
invocato per i riflessi positivi che può avere sulla produzione.
Il riconoscimento delle
responsabilità individuali servirebbe per introdurre nel sistema
economico-sociale gli incentivi alla produzione che sono alla base del
principio di efficienza.
Il gran parlare di
codici etici, come della soluzione adatta a rendere effettiva la responsabilità sociale nell’attività
economica, ha presentato una propaganda x vendere, evolvendosi poi in forma di
controlli sociali sostitutivi di quelli entrati in crisi insieme con quelli
tradizionali a tempo della sovranità economica nazionale.
Gli elementi di un qualunque codice etico sono:1. il patto sociale dell’ impresa che
lega fra loro tutti i vari stakeholders(soggetti che entrano in relazione con l
impresa) ;2. l’ esplicazione di
quelle norme che fissano il comportamento dei soggetti nel caso d incompletezza
contrattuale;3. il codice deve
risultare compatibile negli incentivi.
La responsabilità sociale di un’impresa è una relazione del
sistema sociale con il contesto nel quale è inserita l impresa,Sombart nel “il borghese”parla dello sviluppo del capitalismo,delle virtù
borghesi che rappresentano il codice che gli imprenditori rispettavano e del
concetto d impresa che non era un enunciazione di ciò che non bisogna fare
,egli sostiene che l impresa è l attuazione di un piano al quale collaborano
diverse persone sotto una volontà unitaria che è il contratto(sistema giuridico
che mette in relazione diverse parte,stabilendo gli oneri e i diritti).
In un’opera più recente Buonocore
sostiene che non esiste un unico contratto, e non basta che l’imprenditore lo
rispetti, quindi, non parla di un contratto che vige solo all’interno dell’impresa,
ma di un contratto tra impresa e contesto esterno.
Si parla dunque di un contratto di tipo morale (responsabilità sociale)es. gettando rifiuti
tossici sul territorio non solo c è una lesione degli aspetti penali ma anche
morali.
Buonocore denuncia, che il conflitto tra morale e utilità si
verifica sempre di più nel mondo imprenditoriale,il tema che affronta lo
ritiene il vero nodo dell’etica
dell’impresa,esso è l’incidenza dell’uomo, legato alle implicazioni
etico-politiche, al diritto personale di proprietà sulla vita sociale
comunitaria.
La vita economica è l’insieme in cui tutto dipende da
tutto,quindi non si può desiderare la produttività e respingere la
dipendenza,che è il prezzo del benessere,il problema sta nel trovare
l’equilibrio fra benessere e dipendenza conforme dunque, da un punto di vista
morale e tecnico-giuridico, alla dignità e alla libertà della persona.
Manzone sostiene che vi è una analogia tra impresa,intesa
come istituzione e lo stato che secondo il contrattualismo è una situazione
ipotetica in cui gli individui razionali fronteggiano il rischio di subire
l’opportunismo reciproco nel momento in cui entrano in affari, ma uno dei
problemi dell’impresa è quello dell’ineguaglianza dei partecipanti alla vita
dell’azienda.
Nell’impresa,sostiene Manzone, si manifestano diversità di
eguaglianza e di posizioni sociali,pertanto l’impresa può essere definita come
un nesso di contratti bilaterali indipendenti,che riducono le
differenze,insomma secondo Manzone l’impresa è costituita da soggetti che contrattato
attraverso relazioni d’autorità,basate sul contratto sociale.
Entra in gioco la teoria dei giochi cooperativi che è volta
ad adottare vari piani d’azione comune o strategie congiunte che sono
combinazioni di strategie individuali che consentono di ottenere migliori
risultati, ma affinché la cooperazione abbia senso,occorre che gli interessi
dei singoli partecipanti siano comuni.
Al tema della responsabilità sociale dell’impresa,Manzone
ricava una conclusione che la teoria degli stakehlders può aiutare a cogliere
l’importanza di una concezione comunitaria dell’impresa,intesa quest’ultima
come un soggetto globale che vale a dire coscienza della multidimensionalità
della sua gestione,per il fatto che riconosca gli obiettivi,l’impatto,i
risultati hanno natura economica,legale,culturale,politica, etica ecc..
Quindi l’instaurarsi di relazioni durevoli e stabili con gli
stakeholders è indispensabile per la sopravvivenza e lo sviluppo di lungo
termine ed è soprattutto il fine di ogni attività economica.
Buonocore sostiene che anche se rimane insoluto il problema
delle diversità tra gli stakeholders,è importante la convergenza dei diversi punti
di vista tra l’economista,il giurista e il filosofo sul concetto di
responsabilità come non reciprocità.
La responsabilità sociale finisce per presentarsi come
dovere etico che tutta la comunità assume nei confronti dei fini sociali
dell’impresa,ma se la responsabilità dell’impresa è il profitto allora bisogna
tenere presente che l’efficienza si verifica
quando non è possibile migliorare la situazione di qualcuno senza peggiorare
quella di un altro.
La debolezza della teoria degli stakeholders sta nella
difficoltà di portare fino in fondo le conseguenze del principio di
responsabilità sociale dell’impresa, in sintesi degli stakeholders non si
definiscono nè competenze e nè funzioni.
Nella posizione etica esiste una differenza, una è la teoria etica classica l altra e quella
degli stakeholders, mentre la teoria
etica classica vede la persona come investitore di capitale che ha diritto ad
un profitto per la sua esposizione al rischio, la teoria degli S.è una teoria
etica che tutela gli interlocutori x l interesse dell’ imprenditore, ma è anche
un opzione commerciale,(fondano il marketing su temi etici)es. si propone un
prodotto più caro con fini etici che va
a toccare la sensibilità del consumatore non per il valore etico intrinseco in se,ma
per guadagnare di più.
(Zamagni sostiene che il consumatore è un cittadino, fa
parte di un insieme economico, politico, culturale, ecc.)
Ma queste due posizioni però non chiarificano il problema
dell’autoreferenzialità degli
Stakeholders,in quanto essi godono all’interno dell’impresa d diritti
vulnerabili e più variabili di quanto propongono le teorie espresse.
Il conflitto tra teoria neoclassica e degli stakeholders,
può essere vista come una lotta tra visioni economiche differenti,infatti la
prima affonda le sue radici in una visione economica organizzata che è dominante
e contrasta visioni più umanistiche e centrate sull’etica.
Il bilancio sociale che rappresenta la responsabilità
d’impresa,pertanto può annullare l’oggetto rappresentato e se quest’ultimo è il
patto tra l’impresa e gli Stakeholders, il bilancio rischia di eliminare la
sostanza,dato che il patto tra impresa e interlocutori è solo evocato e
lasciato nelle mani di un’unica parte che è l’impresa.
Invece i giuristi affronta il tema dell’abuso di diritto specie nell’impresa e per la salvaguardia di tutti
i soggetti dell’impresa,quindi la questione si presenta come uno dei nodi
fondamentali per affrontare il problema della responsabilità nell’etica degli affari, la democrazia
economica,infatti si propone di ricercare un equilibrio tra responsabilità
individuale e interessi sociali.
Manzone sostiene che l’equilibrio perviene nell’immettere
elementi di democrazia economica in cui sia forte il riferimento etico-sociale,
poichè,siccome i dirigenti gestiscono i consigli di amministrazione,è probabile
che una maggiore partecipazione ai consigli di amministrazione porteranno i
dirigenti ad essere più responsabili moralmente,anche se il bene comune non
coincide con quello economico, ma è meno probabile che tale bene comune sia
messo in pericolo se vengano prese in conto considerazioni sociali
(ambiente,pace sociale).
Dunque un ruolo importante è quello svolto dagli
stakeholders sulle responsabilità pubbliche e della società civile,affinchè
vengano garantite dal governo dell’impresa le finalità etiche oltre quelle
economiche.
Insomma Pellegrini,sostiene
che la responsabilità è un elemento fondamentale,poichè essere responsabili,
vuol dire rispondere a qualcosa o a qualcuno e come Da Re scrive che responsabile è colui che si interroga sugli
effetti del proprio agire che si ripercuote non solo su se stesso ma anche
sugli altri e sulla realtà esterna.
Il tema della responsabilità assume un valore importante
specie in relazione alla critica mossa da Jonas
sull’imperativo categorico di Kant:
Nella “Critica della Ragion pratica” Kant si interroga sul
problema della morale e cerca di spiegare come sia possibile formulare dell
leggi morali oggettive e universali.
Afferma che per formulare queste leggi non è necessario
osservare il mondo circostante ma bisogna spostare l’attenzione alla nostra
interiorità e prestare ascolto alla ragione più che ai nostri sentimenti: solo
così saremo in grado di comprendere quale sia la morale che ci consentirà di
poter aspirare al “sommo bene” (virtù e felicità). Per far questo l’uomo non
dovrà elevarsi al di sopra dell’esperienza (anche perché la conoscenza che non
ha alcun fondamento empirico non è considerata possibile) ma dovrà partire da
questa per poi astrarre, grazie alla libertà del pensiero, ciò che sarà utile
per la costituzione della propria morale.
Secondo Kant, l’uomo ha bisogno, per poter agire
correttamente, di seguire una morale che può derivare da un processo razionala
o che può essere influenzata dal sentimento: in ogni caso l’uomo, che non è né
una mela (altrimenti seguirebbe le leggi del meccanicismo) né un santo
(altrimenti la sua volontà originerebbe già di suo una morale corretta) deve
essere in un certo senso “oggligato” a perseguire questa morale e ciò è
possibile soltanto con la formulazione di un imperativo (aggiunge Kant)
categorico: “tu devi”. La differenza tra l’imperativo categorico formulato da
Kant e quello formulato da Jonas sta sul fatto che quello kantiano ha come fine
il rendere possibile la vita presente, di consentire all’uomo di vivere in
mezzo agli altri utilizzando leggi morali che possono essere considerate
universali e di rispettare se stesso e gli altri come individui (“agisci in
modo tale da considerare te stesso e gli altri come fine e non come mezzo delle
tue azioni”).
L’imperativo categorico per Jonas invece ha come fine il
consentire la possibilità di una vita futura sulla terra e di prendere in
considerazione le necessità e i diritti di coloro che verranno,questo teoria
definita da Jonas viene chiamata responsabilità diacronica,poiché va oltre i
limiti di tempo.
Manzone contrappone all’impresa-società, l’impresa-comunità
che va intesa come un ente economico di dimensione sociale,di cui fanno parte
tutti gli individui che vi lavorano,tra i quali non vi sono relazioni
eguali,bensì sono relazioni di reciprocità e cooperazione e consistono prima di
tutto in un senso di appartenenza,di missione e di mutuo interesse.
La responsabilità della vita si rivela come obiettivo
dell’azione economica,che va oltre i fini dell’impresa,per connettersi alle
finalità dell’esperienza umana,secondo
Capograssi,ogni attività umana rappresenta sempre una posizione di tipo
antropologico,cioè trattiamo l’uomo a secondo dell’idea che si elabora
sull’altro,come un’opzione etica.
R.M.
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