la legge Quadro 328/00 e il sistema integrato di servizi sociali
A seguito dei numerosi interventi legislativi bisognava comunque creare un quadro unitario , le molte leggi nazionali e provvedimenti regionali hanno aiutato questa evoluzione verso un apparato unitario, ma restava ancora quell’atteggiamento caritativo che rischiava di dare continuità alla legge Crispi.
Gli anni 70 furono utili per affrontare la questione sociale da punto di vista istituzionale, attraverso anche la salvaguardia delle autonomie locali nello Stato, infatti il DPR 616/77 stabilì le competenze dello stato, delle Regioni e degli Enti locali (comuni e province) rispettando gli art 117 e 118 della cost.
La legge 142/90, la legge Bassanini 59/97, il Dlg.s 112/98 e la sistemazione del testo unico 267/00 completarono il quadro istituzionale per accogliere una Riforma sociale.
Ci furono diverse proposte di legge con precisione 12 che furono messe sotto il nome del deputato firmatario On Elsa Signorino, e fuorno convogliate in un'unica legge che venne varata 8 novembre del 2000, la Legge Quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali 328.
La 328 è caratterizzata da 6 capi e 28 articoli:
- Al primo capo ripartito in 5 art vengono elecanti i principi generali e le finalità:
art.1 à venne sancito un sistema di protezione sociale attiva che offre autonomia e sviluppo ai cittadini che si trovano in condizioni di bisogno, attraverso un sistema integrato di servizi e prestazioni coinvolgendo enti pubblici,privati e della solidarietà sociale, i quali partecipano alla programmazione e gestione dei servizi a partire dai livelli essenziali di prestazioni assicurate a tutti;
art.2 à vengono individuati i destinatari degli interventi, ovvero tutti i cittadini,compresi extracomunitari;
art.3 à viene indicato il metodo per realizzare gli interventi, basato sulla programmazione, attuazione e verifica/ integrazione, concertazione e cooperazione;
art.4 à per realizzare ciò occorrono i finanziamenti erogati dallo Stato Regioni e Comuni;
art 5 à nell’incontro tra soggetti pubblici e privati viene riconosciuta maggiore importanza al terzo settore al quale viene affidato la gestione dei servizi.
- Al secondo capo si disciplinano gli assetti istituzionali e organizzativi del sistema di protezione sociale: i Comuni hanno il ruolo centrale con funzioni amministrative proprie, le Province affiancano i Comuni nei compiti di coordinamento e formazione, le Regioni hanno compiiti di programmazione coordinamento e indirizzo degli interventi oltre che quello di verifica, lo Stato definisce invece i livelli essenziali di intervento e la determinazione dei principi generali e obiettivi di politica sociale, attraverso l’emanazione del piano sociale nazionale, la determinazione delle professioni sociali e la ripartizione del fondo nazionale.
- il terzo capo contiene disposizioni di particolari interventi, con la compartecipazione di diversi enti, entrano in scena le ASL che insieme ai Comuni elaborano progetti mirati per disabili, anziani, centrando il ruolo della famiglia.
- il quarto capo si trovano gli strumenti che favoriscono l’integrazione dei servizi ovvero: il Piano sociale,quello nazionale predisposto dal Governo, quello regionale e quello locale. I piani costituiscono lo strumento per avviare progetti e definire le risorse per la spesa assistenziale.
- il capo quinto definisce le modalità di realizzazione del sistema integrato, mediante politiche e prestazioni coordinate, integrando servizi alla persona con eventuali risorse economiche e percorsi attivi mirati all’efficacia delle prestazioni. Inoltre viene assegnato alle regioni il compito di prevedere l’erogazione di prestazioni essenziali e garantire il segretariato sociale, il pronto intervento sociale,l’assistenza domiciliare, reddito di cittadinanza e redditometro.
- il capo sesto sono le disposizioni finali, dove viene disciplinata una Commissione nazionale di indagine sull’esclusione sociale e vengono definite le modalità di intervento su casi di povertà estrema.
Gli elementi costitutivi della legge 328/00 possono essere delineati sotto due profili:
- profilo oggettivo, cioè le attività che costituiscono l’assistenza sociale all’interno delle politiche sociali, infatti con la legge 328 si conferma il D.lgs 112/98 fedele a sua volta al decentramento amministrativo avviato dalla legge 59/97 che riprese il provvedimento avviato nelgi anni 70 616/77 agganciato alla legge 142/90 “ tutte le funzioni e i compiti amministrativi relativi alla cura e l’interesse e promozione dello sviluppo e dei rispettivi territori sono ceduti alle autonomie locali.
Il Dlgs 112/98 dedica un apposito capo ai servizi sociali, dove li identifica come quelle attività che si preoccupano della predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti o a pagamento, o prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare situazioni di bisogno e difficoltà che la persona incontra.
La legge 328/00 avvia una sorta di passaggio da una concezione particolaristica dell’assistenza sociale ad una universalistica rivolta a tutti i cittadini.
- profilo soggettivo, dove si trova una complessa interazione tra tutti i soggetti coinvolti,pubblici o privati.
Alla base di questa interazione si pongono il principio di decentramento amministrativo e dell’autonomia locale previsto nell’art 5 cost, dalla legge 59/97, 142/90, dlgs 267/00 o anche Testo Unico delle autonomie locali.
La legge dopo aver elencato i principi generali, richiama tutti i soggetti della comunità ad esercitare diritti e doveri di solidarietà secondo il principio di sussidarietà in una logica di integrazione-cooperazione, infatti la programmazione e l’organizzazione compete al pubblico ma lui non è solo, bensì coinvolge gli organismi e i soggetti della solidarietà sociale, quindi c’è il riconoscimento di una comunità,come sede di mediazione tra bisogni e risposte, pronta ad affidarsi se necessario a diversi livelli, fino ad arrivare allo Stato.
La legge 328 concretizza un nuovo sistema di Welfare mix con un’accentuazione alle titolarità pubbliche ma anche al ruolo del comune,tuttavia la nuova legge è stata già in procinto di tramontare,poiché quasi in contemporanea venne riformato il titolo V della Costituzione,dove si trova l’art 117, che è alla base della legge quadro, quindi questo poteva compromettere il fine ultimo della novella legge.
Nella formulazione iniziale l’art 117 prescriveva alle regioni, per alcune materie tra cui socio-assistenziale, di emanare norme nei limiti della legge dello Stato; con la modifica del titolo V (norma costituzionale 3/01) lo stato ha ceduto alle regioni come materia esclusiva,tra le altre, l’assistenza e i servizi sociali, quindi gli enti emanano norme non + sotto i limiti di legge dello Stato, pertanto la 328 non vincola + le regioni.
In ogni caso non tutte le disposizioni della 328 vengono messe in discussione,poiché il nuovo art 117 lascia tra le materie esclusive dello stato la determinazione dei livelli essenziali di prestazione.
Ulteriore aspetto da dover analizzare riguarda la distribuzione dei fondi perequativi previsti dall art 119, i quali vengono affidati dallo Stato, ma questo mette in risalto il rischio che tale funzione potrà compensare le differenziazioni regionali, però ci sono stati revisioni che hanno determinato una riduzione negli stanziamenti dei bilanci regionali e locali a favore dei servizi sociali.
In ogni caso il modello di welfare mix delineato dalla 328 dovrebbe rimanere intatto, ma molte regioni in previsione della riduzione di risorse finanziare potrebbero affidare l’erogazione dei servizi sociali a soggetti del terzo settore o privati e questo implicherebbe una notevole differenziazione tra le diverse regioni.
Ovviamente va sottolineato che la riforma del titolo V ha comunque i suo aspetti positivi, in termini di autonomia e opportunità di autogoverno, tutto ciò fa subentrare la logica di competizione tra territori per approvvigionarsi delle risorse,quindi questo richiede una grande responsabilità e competenza da parte delle dirigenze locali e regionali.
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