Dalla legge Crispi alla 328/00 scenari di grandi trasformazioni nel campo dell’assistenza sociale
Quando si parla di legislazione sociale si fa riferimento a norme alle quali la sfera del servizio sociale si approccia con un allontanamento alla concezione assistenziale per avvicinarsi ad una concezione mercantilistica.
Il concetto di “assistenza” in Italia è stato assente fino ai primi anni del novecento ,nonostante fossero già presenti,tra il 1880 ed il 1886, le problematiche che provocarono l erosione del tessuto sociale e delle reti di solidarietà sociale e familiare. Le condizioni della popolazione del mezzogiorno cominciarono ad essere denunciate e per esse si richiedeva l intervento dello Stato. Le funzioni di assistenza continuarono ad essere svolte maggiormente da istituzioni per lo più religiose,mentre lo Stato garantiva un’ assistenza limitata ad interventi di ricovero in casi di indigenza e,dal 1904,anno in cui furono istituiti i manicomi,alla reclusione dei soggetti considerati malati di mente nelle strutture manicomiali. Lo Stato considerava la funzione sociale dell’ assistenza,come provvedimenti atti a contenere le problematiche sociali con una logica di controllo attraverso l’ istituzionalizzazione,in modo da mantenere un ordine sociale più che mettere in atto provvedimenti volti ad eliminare il disagio sociale,la povertà o le altre problematiche sociali.
Lo Stato interveniva solo dopo che le altre istituzioni di beneficenza e le congregazioni di carità erano intervenute nei confronti del cittadino in difficoltà, poiché era insita nella cultura sociale che assistenza e beneficenza fossero connessi con lo spirito di solidarietà dell’uomo verso i propri simili.
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